WordLift 3.0: il software che fa riflettere il post su se stesso. Poi agisce.

Dostoevskij nel suo ‘Memorie dal sottosuolo’ dice che esistono 2 tipi d’uomo: quello d’azione e quello di pensiero.

http://www.scratchbook.net/2013/10/memorie-dal-sottosuolo-Fedor-Dostoevskij.html (della Maria De Biase)

Stiracchiando quà e là questa descrizione potremmo dire che anche i prodotti dell’uomo d’azione sono a loro volta introspettivi e sociali.

Un contenuto web, anche quello con un grado di multimedialità intrinseco elevato, rimane sempre un prodotto del sottosuolo (o sottobosco o dell’uomo di pensiero). Per emergere almeno al piano terra ha bisogno dell’applicazione delle politiche adottate dai motori di ricerca. Altrimenti: nisba! E se per caso si sceglie il passaparola in vece del marketing digitale, scelta piacevole, si rimane sempre nell’area pensiero, ma debole perchè manca della struttura di classificazione usata per gli open data: dbpedia e altro, impedendo di fatto al post la necessaria visibilità.

chi scrive per non essere letto? chi racconta una storia senza voler essere ascoltato?

WordLift 3.0 sviluppato da Insideout10 è un editor semantico che aiuta chi scrive suggerendo relazioni, descrizioni e approfondimenti a seconda del contenuto da pubblicare, e fa tutto questo senza dimenticare di associare i metadati che identificano univocamente il post e lo rendono compatibile con la classificazione LOD, la più riconosciuta e la più diffusa nel web. L’editor semantico tratta il testo del post come fosse parte di un capitolo in un romanzo: ‘che sembra scritto per noi’, che ci fa vedere una parte di noi che non pensavamo potesse essere condivisa da altri, che inquadra come per fare un selfie al post col suo sfondo.

Il software tratta i post come un capitolo di un libro: Li inserisce in una struttura di relazioni, in un racconto; ma la storia rimane sempre dello scrittore.

Linked Open Data

Wordlift 3.0 fa vedere il contesto dove verrà pubblicato il contenuto mettendo in relazione l’archivio interno del blog o sito internet, con tutto il web, che è lo scenario di riferimento.

Chi scrive ha così un potente strumento di supporto alla scrittura: di verifica culturale e statistica, molte volte di scoperta vera e propria; ma niente serendipity se non casuale.

Terminata l’elaborazione, accettati o meno i consigli, il software associa in automatico i metadati suggeriti dalla componente dedicata alla comprensione del testo. Altri metadati possono essere inseriti manualmente, poi si pubblica.

A seconda dell’uso che se ne vuole fare, mettiamo minimale, chiamiamola classificazione tipo SEO — cioè che associa in automatico un set di metadati, è richiesto al giornalista digitale un tempo aggiuntivo alla fase di pubblicazione che non supera il paio di minuti. Per il resto dipende dalla volontà di usarlo o meno come strumento di ricerca per il design del contesto di pubblicazione.

….. continua

 

Ahmed ElMeligy

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